Tumori colorettali, quale impatto la chemioterapia

Lo studio coordinato da Gray e colleghi del Quasar Collaborative Group dell’Università di Birmingham, si è rivolto a pazienti con tumori gastrointestinali allo stadio 2, rivelando che la chemioterapia adiuvante porta a scarsi benefici in termini di sopravvivenza per i pazienti affetti da questa patologia. Nonostante la chemioterapia sia ampiamente usata nei pazienti con tumori allo stadio 3, linfonodo-positivi, rimangono alcune perplessità sulla sua validità nei pazienti con malattia meno avanzata, e in particolare sulla sua opportunità nei pazienti allo stadio 2, tenendo conto di tossicità, costi e scomodità della terapia. La ricerca ha interessato 3.239 pazienti, di cui 2963 (91%) allo stadio II, 2.291 (71%) con il cancro al colon e con un età media di 63 anni, presi in esame da maggio 1994 a dicembre 2003 in 150 ospedali, sottoposti a chemioterapia con Fluorouracile e acido folinico (n=1622) oppure posti sotto osservazione (con chemioterapia considerata su ricorrenza n=1617). La chemioterapia è stata eseguita in sei cicli di 5 giorni ogni 4 settimane o in 30 cicli una volta a settimana con Fluorouracile endovenoso (370 mg/m2) con una dose massima di 175 mg e una minima di acido L-folinico di 25 mg, levimasol (12 cicli di 450 mg oltre 3 giorni ripetuti per 2 settimane) e un placebo. Dopo il 1997 ai pazienti sottoposti a chemioterapia è stato somministrato soltanto Fluorouracile e una minima dose di acido folinico. Il miglioramento della sopravvivenza in questi pazienti è molto lieve, ma la chemioterapia previene una certa quantità di recidive e decessi piuttosto che ritardarli, il che rende gli anni di vita guadagnati molto più significativi, specie nei pazienti giovani. Tenendo conto che il rischio di mortalità entro 5 anni senza chemioterapia è del 20%, il rischio relativo di decesso si traduce in un assoluto miglioramento nella qualità della sopravvivenza del 3.6% (95% Confidence Interval 1.0 – 6.0).