Archivio per gennaio 2010

Giornata per la Diagnosi e la Cura delle Emorroidi e della Stipsi | 31 gennaio 2010

Tutti coloro che soffrono di forme più o meno gravi di stipsi e di fuoriuscita delle emorroidi potranno oggi sottoporsi ad una visita specialistica gratuita, presso GALENOsalute, dalle ore 09.30 alle ore 19.30, in occasione della Giornata per la Diagnosi e la Cura delle Emorroidi e della Stipsi.
Obiettivo delle visite, semplici, rapide e indolori è far emergere questi disturbi, di cui i cittadini parlano poco per pudore e perché spesso sono convinti che siano cronici, cioè senza soluzione. Non è così, invece, guarire è possibile. Soprattutto con l’aiuto del colonproctologo, uno specialista poco conosciuto in Italia capace di formulare diagnosi precise sull’origine di ciascun problema e di indicare la terapia da seguire. Anche il medico di famiglia potrà svolgere un ruolo importante nel riconoscere i sintomi dei disturbi indirizzando il paziente dallo specialista ed evitando le cure fai-da-te, cui si ricorre spesso per imbarazzo.

Stipsi e patologia emorroidaria sono problematiche molto diffuse che interessano oltre il 50% della popolazione spesso alterandone la qualità della vita. Per questo motivo è corretto parlarne e sapere di più per evitarle o trattarle correttamente.

Si parla di stipsi o stitichezza quando la defecazione viene ritenuta difficoltosa, ossia quando si verificano una o più delle seguenti condizioni:

  1. ridotta frequenza di evacuazione (inferiore alle 2-3 volte la settimana)
  2. eliminazione di feci eccessivamente disidratate e/o di scarso volume
  3. evacuazione dolorosa
  4. eccessivo sforzo per l’evacuazione (se si prolunga per più di 10 minuti)
  5. necessità del ricorso ad interventi manuali
  6. sensazione di evacuazione incompleta
  7. necessità del ricorso a clisteri o lassativi di vario tipo per arrivare ad evacuare con regolarità.

Le cause alla base della stitichezza possono essere molto varie: dieta povera di fibre, scarso apporto di liquidi nella dieta, variazioni delle abitudini di vita (alimentazione, scarso esercizio fisico), gravidanza e periodo post-parto, utilizzo di alcuni farmaci. La stipsi deve quindi essere intesa come un’alterazione delle proprie abitudini intestinali, sia nel ritmo di evacuazione, sia nelle caratteristiche abituali (forma, consistenza) delle feci. Il trattamento prevede dapprima cambiamenti dietetici e comportamentali, terapia medica e successivamente, in casi mirati, chirurgica.

Le emorroidi non sono una malattia ma una normale componente del sistema di chiusura del canale anale. Sono formate da cuscinetti di tessuto connettivo contenenti elementi vascolari con fibre muscolari. Servono per: ”accompagnare” le feci all’esterno riducendo il trauma anale, completare il complesso sistema della continenza fecale. Solo quando danno sintomi si parla di patologia emorroidaria. Più del 50% della popolazione soffre o ha sofferto di patologia emorroidaria e maggiormente le donne rispetto agli uomini. Tra le cause riconosciute vi sono: età, familiarità, stipsi cronica, gravidanza. Dal punto di vista clinico si manifestano con sanguinamento, tenesmo (disagio anale), prurito,  edema, dolore, secrezione. Sulla base delle manifestazioni cliniche la patologia emorroidaria si può classificare in 4 gradi.  Frequentemente la patologia emorroidaria, indipendentemente dal grado, può evolvere in alcune complicanze: la trombosi emorroidaria, gli ascessi anali o perianali, l’anemizzazione da perdita ematica cronica.  La cura della patologia emorroidaria è basata sulla rimozione di quelle che sono le cause patogenetiche modificabili: dieta,  introduzione di liquidi, attività fisica, stile di vita, correzione della stipsi, etc. Il passo successivo prevede una terapia medica (conservativa) per il I e II grado ed una terapia chirurgica per III e IV grado. Il consiglio medico ed in particolare del proctologo mira a raggiungere,   attraverso un corretto approccio diagnostico e terapeutico, un miglioramento della qualità della vita.

Il Dott. Gaetano Furgiuele, medico specialista in Chirurgia Generale ad indirizzo Proctologico, dirigente medico presso la Casa di Cura Sant’Anna di Erice, si occupa con grande interesse delle patologie del distretto ano-rettale  ed in particolare della stipsi e della patologia emorroidaria ponendo attenzione alla prevenzione e soprattutto al trattamento medico e chirurgico, eseguendo una nuova metodica indolore per il trattamento delle emorroidi rappresentata dalla legatura selettiva delle arterie emorroidarie (HAL doppler).

Il peso giusto in gravidanza

Un gruppo di esperti tedeschi mette in discussione le regole sull’aumento di peso per le donne incinte e afferma che, a seconda dei casi, si può anche guadagnare qualche chilo in più del previsto oppure qualche chilo in meno, senza conseguenze per il bambino. Negli Stati Uniti, l’Institute of Medicine (Iom) consiglia alle donne normopeso di aumentare tra le 25 e le 35 libbre in gravidanza (da 11 a 16 chili circa). Anche in Italia i medici raccomandano circa 12-15 chili in più rispetto al peso ideale. Secondo l’Iom, però, le donne sottopeso possono prendere fino a 18 chili, mentre quelle sovrappeso dovrebbero limitarsi a 7-11 chili e le donne obese a 5-9 chili. Nel nuovo studio, pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition, i ricercatori di Monaco di Baviera hanno osservato che le donne normopeso hanno portato a termine senza problemi la gravidanza e dato alla luce bambini perfettamente normali anche mettendo su qualche chilo in meno rispetto a quanto consigliato dall’Iom. Addirittura, lo studio tedesco ha visto che per le donne sovrappeso e obese era possibile senza alcun rischio perdere peso in gravidanza. Al contrario, le donne sottopeso possono guadagnare in gravidanza più chili di quanti raccomandati dall’Iom senza che il bambino nasca di dimensioni sopra la norma. “E’ uno studio che riapre il dibattito su quale sia il peso ottimale per una gestazione sicura”, afferma il coordinatore della ricerca, dottor Andreas Beyerlein, della Ludwig Maximilians University of Munich. Già altri studi avevano indicato che le donne in sovrappeso o obese possono perdere peso in gravidanza, semplicemente con un’alimentazione più sana e l’attività fisica, senza danneggiare in alcun modo lo sviluppo del bambino. Il dibattito resta aperto, perchè negli Stati Uniti, oltre all’Iom, anche altre associazioni, come l’American College of Obstetricians and Gynecologists, consigliano alle donne di prendere peso in gravidanza, qualunque sia il peso di partenza. I ricercatori tedeschi hanno analizzato i dati di oltre 177.000 nascite avvenute in Baviera tra il 2004 e il 2006. Secondo le loro stime, le donne obese possono addirittura perdere 15 chili o aumentarne solo 2 in gravidanza e il bambino nascerà comunque di dimensioni normali. Le donne sovrappeso possono perdere fino a 7 chili o aumentare fino a 11; quelle normopeso possono aumentare da 2 a 18 chili, mentre le donne sottopeso possono prendere da 8 a 24 chili. Anche con queste linee guida, afferma l’equipe tedesca, la gravidanza e’ sicura, il bambino sano e il rischio di complicazioni del parto basso. “Non vogliamo cambiare le linee guida esistenti – sottolinea Beyerlein – ma solo invitare a nuove ricerche per capire qual è veramente il range ottimale di aumento di peso in gravidanza”.

Fonte AGIsalute 

Cancro alla prostata: anche le forme aggressive sconfitte da anticorpo F77

Si chiama F77 ed è un nuovo anticorpo monoclonale in grado di far regredire fino all`85% di diverse forme tumorali alla prostata, comprese alcune forme considerate attualmente incurabili. La scoperta, condotta da Mark Greene della University of Pennsylvania School of Medicine di Filadelfia, è stata pubblicata sulla rivista internazionale Pnas-Proceedings of the National Academy of Sciences.

L’anticorpo è in grado di attaccare direttamente il tumore alla prostata, ma anche di aiutare il sistema immunitario a individuare e distruggere le cellule cancerogene. Inoltre, spiegano i ricercatori, mettendo in evidenza la molecola con un marcatore si potrebbe consentire ai medici di monitorare la diffusione del cancro, rivelando con precisione in quale zona del corpo stanno crescendo le metastasi. “Una significativa riduzione nel tasso di crescita del tumore è stata osservata nei topi iniettati con F77. Dopo 10 giorni, la dimensione media dei tumori nei topi trattati era cresciuta da 30 millimetri cubi a 79,7 millimetri cubi – spiega Greene -, mentre i topi non trattati con F77 dopo 10 giorni avevano una massa tumorale pari a 195,8 millimetri cubi“.

Fonte SALUTE24.it 

Estratti di Ginkgo: nessun effetto sul declino cognitivo

Non è stata trovata evidenza di un effetto degli estratti del vegetale sulle funzioni cognitive globali né su specifici domini di memoria, linguaggio, attenzione.

I soggetti anziani che utilizzano supplementi erboristici a base di Ginkgo biloba per molti anni non vedono rallentato il proprio declino cognitivo se confrontati con soggetti equivalenti che assumono placebo: è questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista JAMA.

“L’estratto di Ginkgo biloba è commercializzato su scala mondiale e utilizzato con la speranza di migliorare, prevenire e ritardare il deficit cognitivo associato all’età e i disturbi neurodegenerativi come l’Alzheimer”, scrivono gli autori. “In effetti, negli Stati Uniti, ma ancor più in Europa, i preparati a base di questa specie vegetale rappresentano il trattamento erboristico più diffusamente utilizzato per prevenire il declino cognitivo legato all’età”.

Tuttavia, l’evidenza scientifica dei grandi trial clinici riguardo ai suoi effetti sul funzionamento delle capacità cognitive a lungo termine è del tutto mancante.

Beth E. Snitz e colleghi dell’Università di Pittsburgh hanno analizzato i risultati dello studio denominato Ginkgo Evaluation of Memory (GEM) per determinare se gli estratti della pianta siano in grado di indurre un rallentamento del declino cognitivo in pazienti anziani con un livello cognitivo normale o un lieve deficit all’inizio dello studio.

Precedentemente, nell’ambito dello stesso studio era stato evidenziato come l’estratto di Ginkgo biloba non sia efficace nel ridurre l’incidenza della demenza da Alzheimer o di ogni altra forma.

In quest’ultima analisi dei risultati, il più ampio trial controllato e randomizzato finora effettuato a questo scopo, i ricercatori non hanno trovato evidenza di un effetto del Ginkgo biloba su variazioni cognitive globali e né evidenza di un effetto su specifici domini di memoria, linguaggio, attenzione, abilità visuospaziali e funzioni esecutive.

Inoltre, non sono state evidenziate differenze negli effetti del trattamento per età, sesso, etnia, educazione o stato cognitivo di base.

“In definitiva, non c’è evidenza del fatto che Ginkgo biloba rallenti il ritmo del declino cognitivo negli anziani. Questi risultati sono in accordo con precedenti studi minori sulla prevenzione del declino cognitivo o sulla facilitazione delle prestazioni cognitive e con la revisione Cochrane del 2009 per demenza e deficit cogntivo.” 

Fonte LeScienze

Pressione alta: dalla Gran Bretagna l’alternativa chirurgica

Stress da strenne natalizie, grandi abbuffate a tavola e incontri ravvicinati con parenti irritanti. Risultato, la pressione sale alle stelle. La soluzione ad un cuore che batte all’impazzata potrebbe arrivare da un intervento chirurgico innovativo sperimentato in Gran Bretagna: un “filo anti-ictus” interrompe i segnali nervosi che in alcune persone causano l’ipertensione.

Il trattamento, chiamato ablazione renale del nervo simpatico, consiste in micro-bruciature praticate nei nervi che stimolano il cervello alzando la pressione sanguigna. Un’alternativa per quei pazienti sui quali non hanno effetto le pillole per la pressione alta o sono intolleranti ai medicinali, spiegano al Daily Telegraph i cardiologi del London Chest Hospital dove sono stati praticati i primi interventi.

Il primo a provare la cura è stato un uomo di 68, Anthony Henry, diabetico e cardiopatico. L’intervento dura circa un’ora, in anestesia locale. La pressione diminuisce nel giro di due settimane, e gli effetti anti-ipertensivi si stabilizzano entro tre mesi. Secondo Martin Rothman, il cardiologo che ha eseguito l’operazione, con questa metodica “si può ridurre la mortalità per ictus del 50%”.

“L’intervento offre un’alternativa alla dipendenza dai farmaci”, assicura al quotidiano britannico David Collier, ricercatore presso l’Unità di Ricerca Biomedica della Queen Mary University di Londra, che però avverte: “Non è il rimedio per una persona pigra alla dieta e all’esercizio fisico”.

Fonte SALUTE24.it 

I GSdays su RMC101

Oggi all’interno della trasmissione radiofonica “101 Punto e a capo“, diretta da Antonella Genna,  su RMC 101 è andato in diretta telefonica un intervento tenuto dal nostro manager dott. Carlo Cottone che ha illustrato le finalità delle giornate gratuite organizzate da Galeno Salute (GSdays) e più precisamente della “Giornata per la Diagnosi e la Cura delle Emorroidi e della Stipsi” che si terrà domenica 31 gennaio 2010, presso GALENOsalute, dalle ore 09.30 alle ore 19.30, offerta a tutti coloro che soffrono di forme più o meno gravi di stipsi e di fuoriuscita delle emorroidi.

Obiettivo delle visite gratuite, semplici, rapide e indolori è far emergere questi disturbi, di cui i cittadini parlano poco per pudore e perché spesso sono convinti che siano cronici, cioè senza soluzione. Non è così, invece, guarire è possibile. Soprattutto con l’aiuto del colonproctologo, uno specialista poco conosciuto in Italia capace di formulare diagnosi precise sull’origine di ciascun problema e di indicare la terapia da seguire. Anche il medico di famiglia potrà svolgere un ruolo importante nel riconoscere i sintomi dei disturbi indirizzando il paziente dallo specialista ed evitando le cure fai-da-te, cui si ricorre spesso per imbarazzo.

Per ricevere informazioni e per la prenotazione della visita gratuita è possibile telefonare al Centralino di GALENOsalute 0923714660 (dal lunedì al sabato, 10.00-13.00/17.00-19.00).

Come sempre accade RMC 101 è sensibile ai problemi della salute e ci invita a parlarne.

Antonella Genna dirige un’intessante programma radiofonico denominato appunto “101 Punto e a capo”, che si occupa martedì e giovedi, dalle ore 13.30 alle ore 15.00, ogni settimana di eventi che accadono a Marsala.

 Grazie ad Antonella, per lo spazio e l’interesse che ci ha dedicato, a nome di tutto lo Staff di Galeno Salute!

Cirrosi Epatica

La cirrosi è una affezione del fegato caratterizzata da un aumento del tessuto connettivo dell’organo (sclerosi) e dalla presenza di zone nodulari di rigenerazione degli epatociti. A questa situazione si arriva attraverso alcune tappe che si ripetono con una certa regolarità. In seguito all’azione dei cosiddetti fattori cirrogeni (che determinano la cirrosi), diversi e spesso malconosciuti, il tessuto epatico subisce un danno che va dalla degenerazione (più frequentemente steatosi) alla necrosí. La morte delle cellule stimola un tipo di elementi, chiamati fibroblasti, presenti nel fegato, a proliferare e a produrre in grande quantità tessuto connettivo collagene, il tessuto caratteristico della cicatrizzazione. Probabilmente però i fibroblasti vengono stimolati anche prima dagli stessi fattori cirrogeni che provocano la morte delle cellule. Così i lobuli, che costituiscono l’elemento architettonico del fegato, sono circondati e come strozzati da questi tralci connettivali di nuova formazione. In tal modo molte altre cellule muoiono. e parallelamente si assiste a una proliferazione ulteriore di fibroblasti: di conseguenza gli epatociti rimasti cominciano a proliferare nell’intento di riparare il danno e danno vita a nuovi lobulí, detti anche pseudolobuli che tuttavia risultano ben diversi dai lobuli normali, con architettura sovvertita e privi delle consuete connessioni vascolari; ad esempio è ben difficile osservare la piccola vena centrolobulare. In seguito a tutte queste modificazioni si ha nel tempo fino una riduzione, anche marcata, delle dimensioni del fegato, sia della stasi con ingrossamento della milza (splenomegalia), sia di varici emorroidali ed esofagee, responsabili di gravi emorragie gastrointestinali; queste varici, fenomeni di dilatazione e allungamento di segmenti di vena, si instaurano in quanto il sistema della vena porta che raccoglie e porta al fegato il sangue venoso rifluito dall’intestino, ha alcune zone (ad esempio il plesso emorroidario, la vascolarizzazione tra cardias ed esofago o quella nella zona ombelicale) in cui può comunicare direttamente con il sistema della vena cava inferiore. L’aumento di pressione nella vena porta spinge dunque il sangue ad aprire queste vie di comunicazione e a riversarsi direttamente nella vena cava inferiore, aggirando così l’ostacolo rappresentato dal fegato cirrotico. Altra manifestazione tipica della cirrosi è l’ascite. cioè l’accumulo di un liquido povero di proteine (trasudato) in cavità peritoneale, che arriva a far assumere all’addome un aspetto globoso, molto voluminoso, e ha la caratteristica di riformarsi quando il liquido venga estratto con la paracentesi. Nel determinismo dell’ascite entrano in gioco meccanismi complessi anzitutto l’ipertensione portale provoca una fuoriuscita di liquido dai vasi capillari della vena porta e soprattutto da quelli localizzati in corrispondenza del peritoneo e della capsula del fegato: inoltre, poiché a causa della funzionalità compromessa dell’organo vengono sintetizzate meno proteine (albumine e globuline), si verificherà una diminuzione anche delle proteine plasmatiche (ipoproteinemia). Siccome una delle funzioni di queste proteine è quella di richiamare acqua dall’interstizio e di opporsi alla sua fuoriuscita a livello del letto capillare, una loro diminuzione porterà fatalmente all’aumento della quantità di liquido che esce e che si accumula al di fuori dei vasi. Interviene infine anche una componente ormonale che, se in condizioni fisiologiche funge da meccanismo di compenso, nel cirrotico aggrava invece il quadro. Infatti nel caso di una perdita di liquidi dovuta a varie ragioni, aumenta la concentrazione sanguigna. Particolari cellule avvertono questa modificazione e provocano la secrezione di due ormoni, l’ormone antidiuretico o adiuretina (ADH) e l’aldosterone. L’adiuretina aumenta il riassorbimento di acqua in corrispondenza dei tubuli distali del rene e l’aldosterone, sempre a livello di queste strutture, accresce il riassorbimento del sodio che, per ragioni osmotiche, si trascina dietro anche dell’acqua: come risultato diminuirà la quantità di urina. Meno acqua abbandonerà l’organismo e il sangue riavrà la sua giusta diluizione. Nel cirrotico, a causa dell’ipertensione e dell’ipoproteinemia, una certa quantità di liquidi lascerà i vasi e, pur non abbandonando l’organismo, provocherà ugualmente un aumento della concentrazione del sangue e quindi la secrezione di adiuretina e di aldosterone. La ritenzione di acqua dovuta all’azione di questi due ormoni darà origine a un aumento della quantità di liquido che si va accumulando al di fuori (lei distretto capillare della vena porta e che, per ragioni anatomiche, si raccoglie in cavità peritoneale. Gli stessi fattori descritti, eccetto però l’ipertensione portale, spiegano anche la comparsa di edemi, evidenti specialmente in corrispondenza degli arti inferiori. Sempre a causa della profonda compromissione delle funzioni dell’organo, compaiono anche ittero e alterazioni endocrine; queste ultime consistono essenzialmente in una marcata diminuzione della libido, nella comparsa di ginecomastia e di dilatazioni di piccoli vasi cutanei (teleangectasie aracniformi) che sono dovute al fatto che il fegato non è più in grado di metabolizzare gli ormoni sessuali, maschili e femminili, che gli arrivano, neutralizzandone così l’azione.

Sintomi | La sindrome caratteristica della cirrosi compare tardivamente e non sempre completa di tutti i sintomi descritti; essa comunque è difficilmente reversibile e sfocia nel coma epatico se non sopravviene prima la morte per la possibilità di gravi emorragie. I sintomi che la precedono, che compaiono invece precocemente, sono alquanto aspecifici e consistono in rifiuto del cibo, vomito e nausea emissione di gas e disturbi gastrointestinali. Gli esami sono quelli classici che permettono di accertare uno stato d’insufficienza epatica. Un problema assai dibattuito in sede scientifica è quello del rapporto tra cancro e cirrosi . Esiste tra i due fenomeni una correlazione assai stretta tanto che i recentissimi studi confermano questa “alleanza” mortale.

Diagnosi | Per la diagnosi, di solito sono sufficienti i sintomi e i segni della cirrosi o i risultati delle prove di funzionalità epatica. Comunque, generalmente si esegue anche una biopsia epatica per confermare la diagnosi e per trovare indizi sulla causa primaria. Cause più rare di cirrosi possono essere escluse attraverso particolari esami del sangue e coagulazione.

Terapia | Il trattamento più opportuno è quello di un riposo assoluto a letto cercando di reintegrare le funzioni epatiche perdute. E’ importante la somministrazione di vitamine A e D e del complesso B oltre alle proteine e agli zuccheri. Contro il fenomeno dell’ascite esistono varie terapie comprese quella chirurgica. Ma solo un buon medico specialista saprà identificare il trattamento giusto in casi di questo genere.

Fonte                              

Il tumore al seno

Il tumore della mammella si sviluppa nelle ghiandole dove avviene la produzione del latte o nei dotti che portano il latte ai capezzoli. Generalmente vengono identificate quattro categorie:

* stadio 1: l”estensione del tumore è limitata al seno (stadio iniziale);
* stadio 2: il tumore si diffonde nelle immediate vicinanze, ad esempio i linfonodi ascellari (localmente avanzato);
* stadio 3: il tumore si espande ai tessuti sottostanti del torace (localmente avanzato);
* stadio 4: il tumore si diffonde ad ulteriori parti del corpo (tumore al seno metastatico o avanzato).

Sia la prognosi sia il trattamento sono influenzati dallo stadio in cui il tumore si trova al momento della diagnosi.

Ci sono diversi tipi di tumore al seno, con tassi di crescita e risposta alle terapie differenti; questo significa che il tessuto tumorale dovrebbe essere sempre sottoposto a dei test per determinare il tipo di tumore, ad esempio se è positivo o meno al recettore ormonale ER o al gene HER2 (Human Epidermal Growth Factor Receptor-2).

Incidenza |
* In tutto il mondo, il tumore della mammella è la prima causa di morte per cancro nel mondo tra le donne al di sotto dei 55 anni, e vengono diagnosticati più di un milione di nuovi casi all”anno.
* Nel 2005 un rapporto dell”Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilevato 502.000 morti in tutto il mondo.
* Il tumore al seno è il secondo tumore più comune; l”8-9% di tutte le donne viene colpito da questa patologia.
* In Italia, la diagnosi di tumore della mammella interessa circa 450.000 donne, con circa 37.000 nuovi casi ogni anno. La malattia è responsabile di 8.000 decessi all”anno.

Fattori di rischio |
Anche se non è possibile indicare una causa precisa del tumore alla mammella, l”osservazione delle caratteristiche epidemiologiche della malattia ha permesso di identificare una serie di fattori di rischio più probabili:

* età, come dimostrato dal fatto che il 78% dei tumori viene diagnosticato in donne di almeno 50 anni;
* familiarità con il tumore al seno: la figlia, la sorella o la madre di una persona che abbia sviluppato un tumore alla mammella presentano una probabilità di ammalarsi più alta rispetto alla popolazione generale. Questa predisposizione non va confusa con l”ereditarietà, che interessa un numero molto limitato di casi;
* precedenti patologie benigne al seno;
* livelli aumentati di ormoni o prolungata esposizione a questi ultimi, ad esempio con l”inizio precoce del ciclo mestruale o con la terapia ormonale sostitutiva in menopausa;
* prima gravidanza tardiva o assenza di gravidanze;
* precedenti di tumore alla mammella;
* esposizione a radiazioni ionizzanti (radioterapia eseguita nell”area toracica) ;
* stili di vita come alto consumo di alcol e alimentazione ricca di grassi.

Sintomi |
I sintomi del tumore della mammella possono essere:

* un nodulo duro nel seno o nell”ascella, di solito non doloroso e che si presenta solo da un lato;
* un cambiamento nella grandezza o nella forma del seno;
* modifiche della pelle della mammella;
* cambiamenti nel capezzolo, come secrezioni inusuali o l”apparizione di rash cutaneo nell”area circostante.

continua a leggere: Il tumore al seno [fonte molecularlab.it]  


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