Posts Tagged 'artrosi'

Zona Franca: Betula Alba

GALENOsalute avvalendosi della collaborazione di Franca Aleo (titolare di Herbora – Marsala) presenta la rubrica settimanale Zona Franca: “l’informazione diventa benessere”, dove fitoterapia ed oligoelementi vengono proposti come base di cure alternative e complementari. 

Questa settimana parliamo di “Betula Alba”. 

Betula alba utile nella ritenzione idrica, nella cellulite, nei disturbi renali e nei dolori articolari, nei reumatismi e nell’artrosi, ipertensione arteriosa ed iperuricemia. 

BETULLA | famiglia delle Betulacee. Originaria dell’Europa centrale, del Canada, dell’Asia, la corteccia è di colore bianco, era chiamata ” Albero della saggezza”  perchè venivano impiegati i giovami rami a mo di verghe per stimolare la didattica degli allievi. Si usano le foglie, la corteccia, i rami giovani e le gemme. E’ utile per la ritenzione idrica i calcoli delle vie urinarie, la ipertensione, la cellulite, è una pianta diuretica e depurativa, utile anche per i disturbi renali, la litiasi renale, la renella, i reumatismi, la gotta, la cellulite Per uso esterno si usa per i capelli grassi, ha anche proprietà febbrifughe, usata per le malattie della pelle, negli edemi, per l’obesità, per l’uricemia alta, per il colesterolo alto, per la azotemia alta, per la albumina alta, per i parassiti intestinali, azione cicatrizzante e sudoripara. E’ un aiuto per la libido ridotta, è un rimedio prezioso nelle affezioni della vescica, è essenzialmente immunostimolante, drenante, rimineralizzante, tonico, in alcuni casi stimola la attività sessuale, aiuta anche nei casi di impotenza e di frigidità, specie la scorza delle radici.

Le foglie contengono flavonoidi, olio essenziale, ossidi sesquitepenici, tannini (leucoantocianidine), Vitamina C, acido clorogenico e caffeico, resine, alcoli triperpenici (derivati del lupano, lupeolo, betulinolo (alcol triperpenico, responsabile della pigmentazione bianca tipica della scorza di betulla), acido betulinico, dammarano, forse contiene anche saponine). La corteccia contiene triterpeni e loro saponine, betulina, canfora di betulla.

PRINCIPI ATTIVI | Olio essenziale, tannino, catechico, saponine, vitamina C, betulina, flavonide aglicone, miricetina, acido nicotinico, iperoside, ossidi sesquiterpenici, leucoantocianidine, acido clorogenico e caffeico, resine, alcoli triterpenici, derivati del lupano, lupeolo, betulinolo, acido betulinico e dammarano, salicilato, glucosidi.

La foglia, ha proprietà diaforetiche e diuretiche (favorite dalle saponine e soprattutto dai glucosidi flavonici). La diuresi che si ottiene è caratterizzata da un aumento di eliminazione dell’acqua e non dei sali, per quetso motivo sotto controllo medico potrebbe essere utile negli edemi cardio-renali anche se Commissioni Mediche ne sconsigliano l’uso in questi casi. L’olio essenziale di Betulla dovrebbe rafforzare l’attività diuretica, ma tenere presente che l’olio essenziale va somministrato solo dietro consiglio medico.Le foglie sono di aiuto in presenza di reumatismi, gotta, litiasi renale e nella prevenzione della formazione di renella, è un attima pianta per il “lavaggio” nelle affezioni delle vie urinarie. Utile nella cellulite, in quanto   aiuta la eliminazione e la scomparsa dei noduli fibroconnettivali, in quanto esercita una azione nella eliminazione dell’acido urico e del colesterolo. Esternamente le foglie di Betulla sono utili per farne impacchi contro la caduta dei capelli (come coadiuvante insieme ad altre piante) e per le afte. Si possono anche fare dei pediluvi contro il sudore dei piedi. L’estratto fluido e acquoso ottenuto dalle foglie sembra abbia una lieve attività antibiotica

Le gemme di Betulla hanno una notevole attività coleretica. La corteccia ed il legno di Betulla per distillazione secca danno una sorta di catrame che può essere utile nelle affezioni cutanee. L’olio essenziale, ottenuto dal catrame di Betulla in pomata si utilizza per i reumatismi o in prodotti per il massaggio sportivo. Il carbone di Betulla, finemente polverizzato ha una azione assorbente ed è utile nelle affezioni gastrointestinali accompagnate da meteorismo. La linfa di Betulla contiene due eterosidi, i quali liberano per via enzimatica, salicilato di metile ad attività analgesica, antinfiammatoria e diuretica, è utile per   l’iper-uricemia, in quanto la sua assunzione regolare per 2-3 mesila riduce del 20-30%., ottenendo una diminuzione del rischio  non solo vascolare, ma anche articolare. Sempre per la sua attività diuretica, può essere utile  nella litiasi urinaria. La linfa di betulla viene raccolta seguendo una tecnica particolare, all’inizo del mese di marzo, si praticano alcuni fori sulla corteccia esposta a sud, profondi da 2 a 5 cm leggermente obliqui verso l’alto, nei quali si intoduce un tubicino da cui defluisce il liquido in un recipiente posto a terra, un  tronco di 50 cm di diametro fornisce in 4 giorni una media di 3-4 litri di linfa, la raccolta è più proficua quando le betulle sono di media grandezza. Le foglie si preparano in infuso (mettere in acqua bollente, lasciare in infusione per 10 minuti,filtrare e bere). In commercio si trovano,  la polvere ridotta in compresse, gli estratti fluidi, la tintura madre ricavata dalla corteccia dei giovani rami freschi.

CONTROINDICAZIONI | alle dosi consigliate è una pianta sicura. Non usare in gravidanza e allattamento, cautela negli ipotesi.

 

Bibliografia:

Enrica Campanini ” Dizionario di fitoterapia e piante medicinali” Ed. Tecniche Nuove

A. Bruni – M. Nicoletti ” Dizionario ragionato di Erboristeria e di Fitoterapia” Ed.Piccin

Fonte erboristeria ed altro.com

Artrite, fumo e tè sotto accusa

L’elenco delle conseguenze negative legate al consumo di sigarette sembra infinito. Ora, diverse ricerche giungono alle stesse conclusioni riguardo gli effetti del fumo sulle probabilità di sviluppare l’artrite reumatoide. Il fumo interferirebbe con l’espressione di diversi geni, favorendo i meccanismi patologici alla base della malattia. In tal senso, anche la passione per il tè pomeridiano potrebbe costituire un pericolo, fattore di rischio in particolare per le donne. Al contrario, sembra che bere un bicchiere di vino o altri alcoolici ogni tanto possa ridurre il rischio di sviluppare gravi forme artritiche come appunto l’artrite reumatoide o l’osteoartrite (artrosi). Pare invece non esserci un particolare legame fra consumo di caffè e la malattia.

Questi risultati emergono dagli studi presentati all’ultimo congresso annuale della Lega Europea contro le Malattie Reumatiche (EULAR) a Roma [16-19 giugno 2010]. Due studi realizzati in Svezia dalla Lund University hanno dimostrato che il fumo è un fattore predittivo negativo, sia di una futura diagnosi di artrite reumatoide, sia di una scarsa risposta ai farmaci anti-TNF utilizzati per ridurre l’infiammazione presente nelle articolazioni dei pazienti con artrite reumatoide. Un terzo studio sperimentale realizzato in Svizzera dall’Università di Zurigo ha messo inoltre in luce come il fumo, attivo o passivo, possa alterare la capacità di alcune proteine di stimolare la risposta immunitaria in persone con una predisposizione genetica alle malattie reumatiche, rappresentando un fattore aggiuntivo di rischio per lo sviluppo dei sintomi e per la progressione della malattia. Un quarto studio realizzato negli Stati Uniti dalla Georgetown University su più di 76.000 donne ha scoperto un’associazione positiva fra incidenza di artrite reumatoide e consumo di tè, con un rischio di sviluppo della malattia proporzionale alla quantità di tè assunto, mentre non ha trovato alcun legame significativo fra consumo di caffè e malattia. Al contrario, un quinto studio realizzato in Olanda dall’Università di Leida su un vasto campione comprensivo di 651 pazienti con artrite reumatoide, 73 pazienti con osteoartrite, 273 pazienti con altre forme artritiche e 5.877 soggetti di controllo non malati, ha dimostrato infine che il consumo di alcol è associato a una significativa riduzione del rischio di sviluppare la malattia, ipotizzando che componenti delle bevande alcoliche (specie vino rosso) possano essere un fattore protettivo dallo sviluppo di infiammazione sistemica.

“Gli studi presentati all’EULAR di Roma confermano come alcuni stili di vita possano avere un impatto sul rischio e la progressione delle malattie reumatiche, ma vanno interpretati con estrema cautela e ragionevolezza” ha spiegato il Professor Maurizio Cutolo, Presidente Esecutivo di EULAR 2010. “I pazienti con disturbi reumatici, così come le altre persone, devono sempre consultare il proprio medico prima di modificare in qualsiasi modo il proprio regime alimentare”.

| Andrea Piccoli

Parliamo di Ozonoterapia con …

Oggi parliamo di OZONOTERAPIA con il dott. Del Gaizo Carmine, medico specialista in Ortopedia e Traumatologia e Consulente di NEUROSPINE TEAM [Centro Specialistico di Chirurgia Spinale, con sede a Firenze], nostro Ospite in GALENOsalute.

L’impiego di una miscela di gas costituita da Ossigeno – Ozono viene sempre più largamente utilizzata nel trattamento del dolore di diversa origine. Dopo le prime utilizzazioni nel dolore vertebrale, sia esso dovuto ad una patologia degenerativa cronica della colonna (artrosi) o alla presenza di un vero e proprio conflitto disco – radicolare, questo gas sembra avere un ruolo importante nell’ambito del trattamento conservativo di patologie dolorose, traumatiche e non, che interessano anche muscoli, tendini e articolazioni.

La letteratura scientifica riconosce ampiamente a questo particolare “farmaco” una efficacia terapeutica almeno pari a quella di altri trattamenti, sottolineando sia la bassa incidenza di effetti collaterali dovuti all’azione propria del gas, sia quella di complicanze relative alle tecniche di applicazione, qualora vengano attuate “da mani esperte e nel rispetto delle Linee Guida”.

Meccanismo d’azione dell’ozono | I dati emersi dalla ricerca scientifica, riconoscono a questo gas un duplice ruolo, antiinfiammatorio ed analgesico. Tali effetti sembrano essere dovuti alla combinazione di diversi meccanismi d’azione:

  1. una minore produzione dei mediatori della flogosi (infiammazione) l’ossidazione (inattivazione) dei metaboliti algogeni, che agendo sulle terminazioni nervose inducono il dolore;
  2. un netto miglioramento della microcircolazione sanguigna locale, con un miglior apporto di ossigeno ed una più rapida eliminazione delle sostanze tossiche, indispensabili per la rigenerazione delle strutture anatomiche lese; ciò spiegherebbe i frequenti effetti di riparazione della lesione che possono essere presenti nei controlli diagnostici strumentali eseguiti a distanza dal trattamento;
  3. in riferimento poi al più specifico sistema di percezione del dolore, alcuni studi sembrano anche far ipotizzare, sulla base di un meccanismo riflesso (già dimostrato per altre tecniche terapeutiche, come ad esempio l’agopuntura), un effetto di potenziamento dell’attività del nostro sistema di modulazione del dolore ( un vero e proprio filtro “neuro-chimico” che contrasta l’ingresso dello stimolo doloroso nel nostro sistema nervoso centrale), con conseguente aumento delle endorfine endogene, coè la “morfina” prodotta dal nostro organismo.

INFILTRAZIONE PARAVERTEBRALE: individuato palpatorialmente lo spazio intervertebrale da trattare, si procede alla somministrazione della miscela di gas alla distanza di circa due cm. dalla linea mediana delle apofisi spinose. La somministrazione dell’ozono viene eseguita, previo test di aspirazione negativo, lentamente e a diversi livelli di profondità: muscolare e sottocutaneo. Anche in questo caso vanno garantite le norme di sterilità.

INFILTRAZIONE MUSCOLARE, SOTTOCUTANEA, TRANSLIGAMENTOSA, TRANSTENDINEA, INTRA-PERIARTICOLARE: la terapia iniettiva con miscela bilanciata di Ossigeno-Ozono è indicata nella sindrome miofasciale, nella patologia muscolo-tendinea traumatica e non, nelle artropatie degenerative (artrosi, artriti di anca, ginocchio, caviglia, e anche piccole articolazioni). L’infiltrazione è eseguita, previa accurata disinfezione, inserendo aghi molto sottili, sterili e monouso, utilizzando apposite siringhe e filtri antibatterici (l’Ozono è inoltre un potentissimo agente anti-infettivo) in modo da garantire una assoluta asepsi.

EFFETTI INDESIDERATI DELL’OZONO | E’ necessario distinguere fra gli effetti indesiderati legati direttamente all’azione dell’Ozono ed alla sua modalità di somministrazione, e le complicanze che invece possono essere correlate alla particolare tecnica di impiego.

Effetti indesiderati diretti | La somministrazione di ozono viene in genere ben tollerata, talora si può avvertire una sensazione di pesantezza e/o di lieve dolore urente (bruciore), comunque di breve durata e a risoluzione spontanea. Solo in casi eccezionali, lo stimolo doloroso indotto dalla puntura dell’ago può indurre una crisi vagale (bradicardia, calo pressorio e sudorazione) che per il carattere transitorio il più delle volte non necessita di alcun intervento.

Per ciò che concerne altri aspetti, peculiarità ed informazioni Vi invito a contattarci ed approfondire con il nostro Ospite Specialista.

 

Presentazione del Prof. Marianno Franzini, presidente della Sioot (Società Italiana Ossigeno Ozono Terapia) 

Scoperto un antinfiammatorio 100 volte più sicuro

Un nuovo farmaco antinfiammatorio sviluppato dall’Università canadese McMaster ha mostrato buoni risultati senza produrre gli effetti collaterali tipici di quelli usati normalmente, come l’aspirina e l’ibuprofene. Lo afferma uno studio pubblicato dal ‘British Journal of Pharmacology‘ che mette a confronto i comuni antinfiammatori con l’Atb 346, un derivato del naprossene che rilascia solfuro di idrogeno, una sostanza che in piccole quantità protegge lo stomaco dalle ulcere. Per esaminare l’efficacia del farmaco, i ricercatori l’hanno testato su cavie sane e con artrite e altre infiammazioni. Il risultato è stato che il naprossene modificato riesce a ridurre le infiammazioni quanto i farmaci tradizionali, ma con una protezione 100 volte superiore per l’apparato gastrico, dove non ha causato alcun danno. Usato su cavie che avevano ulcere preesistenti, simili a quelle causate dall’uso prolungato dei Fans, l’Abt 346 ha migliorato il recupero dalle lesioni. “Ho lavorato per 20 anni con gli antinfiammatori – ha spiegato al sito ‘ScienceDaily‘ John Wallace, che ha guidato lo studio – e questo farmaco sembra essere perfetto fino a questo momento, ha dato risultati eccezionali su tutti i modelli su cui lo abbiamo usato”.

Fonte AGIsalute

Sperimentato con successo un dispositivo portatile per lenire l’artrosi del ginocchio

Impulsi elettromagnetici aiutano a ridurre dolore e infiammazione in caso di artrosi del ginocchio. La segnalazione viene da uno studio americano dell’Henry Ford Hospital presentato all’ultimo Congresso dell’Orthopaedic Research Society.

Nella ricerca sono stati considerati 34 pazienti a cui è stato chiesto di utilizzare un dispositivo portatile che emette impulsi elettromagnetici di bassa intensità e frequenza. In pratica i partecipanti hanno indossato un dispositivo a forma di anello intorno alle ginocchia per 15 minuti, due volte al giorno per sei settimane. In metà dei casi il dispositivo rilasciava impulsi elettromagnetici mentre nell’altra metà si trattava di un sistema inerte. Nei pazienti trattai con gli impulsi elettromagnetici già dopo il primo giorno di utilizzo è stata evidenziata una riduzione del dolore del 40 per cento. «I nostri risultati indicano che campi elettromagnetici pulsati favoriscono una significativa riduzione del dolore – fa notare Fred Nelson, direttore del Centro per l’artrosi dell’Henry Ford Hospital -. L’aspetto più interessante di questo nuovo approccio è che non ha effetti collaterali, ha un costo relativamente basso nel lungo periodo e dà effetti immediati sul dolore. Abbiamo deciso di sperimentare questo tipo di cura per cercare di migliorare la qualità di vita e l’indipendenza di chi soffre di artrosi del ginocchio».

Secondo i ricercatori americani l’efficacia della strategia potrebbe essere legata al fatto che i segnali elettromagnetici inducono una riduzione dei livelli di calcio nelle cellule della cartilagine, cosa che darebbe il via a una serie di reazioni chimiche in grado di ridurre l’infiammazione articolare. In precedenza, segnalano sempre gli esperti d’oltreoceano, i campi elettromagnetici sono stati utilizzati per controllare il dolore associato a interventi di chirurgia estetica. «Quando si ha a che fare con le terapie fisiche la cosa più difficile è individuare quali pazienti possano veramente trarne giovamento – premette Cesare Cerri, direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa dell’Università di Milano-Bicocca -. Molto dipende da come agisce nello specifico la tecnica e dall’origine del dolore provato dal paziente. Per esempio alcuni studi mostrano che le terapie fisiche possono essere utili dopo interventi chirurgici (di tipo ortopedico e non) per ridurre il dolore post-operatorio: in questi casi il loro impiego è limitato nel tempo e il vantaggio è quello di limitare il ricorso a farmaci antidolorifici a fronte di effetti collaterali pressoché inesistenti. In patologie croniche come l’artrosi è invece più difficile individuare una categoria di pazienti che possa trarre giovamento dagli impulsi elettromagnetici piuttosto che dalla stimolazione elettrica transcutanea (la Tens) o dalla magnetoterapia. Gli studi finora condotti non hanno portato a risultati conclusivi: alcuni pazienti trovano veramente sollievo, mentre altri non hanno benefici».

Fonte Corriere della Sera.it [Antonella Sparvoli]

 

L’osso torna nuovo con un’iniezione

Brevettato un materiale composito iniettabile, utilizzabile per il trattamento delle fratture e delle patologie del sistema scheletrico.

Perfezionato dall’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Consiglio nazionale delle ricerche (Imcb-Cnr) di Napoli un nuovo materiale composito, utilizzabile come sostituto osseo per il trattamento delle fratture da traumi e delle patologie del sistema scheletrico, dalla perdita di sostanza ossea all’osteoporosi. Il brevetto è stato depositato con Finceramica Faenza S.p.a., società nata come spin-off dall’Istituto della scienza e tecnologia dei materiali ceramici del Cnr (Istec-Cnr) di Faenza, che si occuperà del potenziale sfruttamento industriale. “Il dispositivo, costituito da un polimero sintetico e materiale bioceramico riassorbibile“, spiega Luigi Ambrosio dell’Imcb-Cnr di Napoli, “è iniettabile mediante tecniche chirurgiche o vie d’accesso anatomiche mini invasive. La solidificazione avviene in pochi minuti, compatibilmente con i tempi della chirurgia, colmando il difetto osseo e stimolando la rigenerazione. Una volta riassorbito, infatti, il materiale promuove il processo di rigenerazione del tessuto osseo, come dimostrato da studi preclinici effettuati presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna, riparando così fratture che presentano tempi lunghi di recupero o riempiendo cavità dovute a interventi chirurgici particolarmente demolitivi“. Inoltre, specifica il ricercatore, “tale materiale si differenzia dagli attuali cementi ossei perché fornisce migliori proprietà meccaniche ed evita lo sviluppo di calore durante la fase di indurimento e i conseguenti danni ai tessuti circostanti”. La similarità chimico-fisica con la fase minerale dell’osso, unita ad un alto grado di purezza delle materie prime impiegate, “rende questo materiale altamente biocompatibile, evitando effetti collaterali come allergie, nonché osteo-conduttivo e osteo-promozionale, cioè capace di integrarsi pienamente con il tessuto nativo”. Il risultato è frutto di un approccio multidisciplinare: “Un’équipe di chimici, fisici, ingegneri, biologi, medici e chirurghi ha collaborato per realizzare un materiale biomimetico, in grado di replicare sia la composizione chimica sia l’architettura tridimensionale dell’osso naturale, garantendo così il ripristino strutturale del difetto e il recupero funzionale degli apparati”. Il campo di applicabilità, chiarisce Ambrosio, “riguarda tutte le patologie che coinvolgono il sistema scheletrico: dalle più comuni legate al fattore età, quali osteoporosi, artrosi e artriti, alle più gravi, quali sarcomi e cisti ossee”. Il brevetto, del quale Finceramica S.p.a. ha ottenuto il potenziale sfruttamento industriale, ora affronterà la fase della realizzazione dei prototipi, dalle sperimentazioni pre-cliniche su soggetti umani all’industrializzazione.

Fonte Redazione MolecularLab.it (09/03/2010)

Ossigeno-ozono terapia: la forza della natura

L’ossigeno-ozono terapia è una metodica che ha più di un secolo di vita e anche se inizialmente è stata relegata ad un ristretto numero di medici entusiasti, rappresenta oggi un rimedio rivoluzionario per la nostra salute e il benessere fisico.

0ssigeno-ozono terapiaChe cos’è | E’ una terapia che si basa sulla somministrazione di una miscela gassosa, originata mescolando l’ozono con l’ossigeno.

La tecnica | Per ottenere un buon risultato in questo tipo di terapia è fondamentale la corretta scelta della metodica di somministrazione. Le tecniche più comuni sono: intramuscolare, sottocutanea, intraarticolare, endovenosa, insufflazione rettale e/o vaginale. A seconda della patologia da trattare la concentrazione di ozono sarà maggiore nella cura delle patologie ortopediche, minore per i problemi circolatori e per la medicina estetica.

Applicazioni | La potente azione antiinfiamatoria e antidolorifica dell’ossigeno-ozono viene sfruttata nel trattamento delle patologie ortopediche più frequenti, come la cervicalgia, le tendiniti, la lombalgia, ernia del disco, le patologie sportive, le periartriti, l’artrosi, ecc.

L’azione antinfiammatoria è dovuta al fatto che l’O2-O3 (ossigeno-ozono), favorisce l’eliminazione delle sostanze mediatrici del dolore e dell’infiammazione, come l’istamina, la serotonina, le prostaglandine, ecc., (sempre in modo del tutto naturale). In questo caso la tecnica consisterà in infiltrazioni sottocutanee o intraarticolari.

In medicina estetica, invece, dove la miscela di O2-O3 è costituita per la gran parte di ossigeno, (e introdotta con delle piccole iniezioni sottocutanee), viene utilizzata la capacità di questo gas di migliorare la circolazione del sangue, (alleviando in tal modo, ad esempio, la sensazione delle “gambe pesanti”), ma anche quella di attaccare gli acidi grassi, grazie alla sua azione ossidante, frantumandoli e rendendoli così facilmente eliminabili dall’organismo, (trattamento della cellulite).

Anche in questo caso, il vantaggio dell’ossigeno-ozonoterapia, rispetto alle altre numerosissime tecniche, è quello di una cura assolutamente naturale, priva di effetti collaterali, e che soprattutto agisce a monte del problema.

Sconsigliamo tale terapia agli ipertiroidei.

Stop all’artrosi con il sole d’inverno

ArtrosiUn gruppo di ricercatori dell’Università della Tasmania ha dimostrato che per ritardare l’insorgenza dell’artrosi alle ginocchia basta prendere il sole anche d’inverno. Lo studio, effettuato su un campione di 880 individui ultracinquantenni residenti nella grande isola a sud dell’Australia, è stato coordinato da Changhai Ding e pubblicato sulla rivista Arthritis & Rheumatism, organo ufficiale dell’American College of Rheumatology. Il clima della Tasmania si è rivelato ideale per portare avanti le indagini dal momento che, nonostante il clima temperato, la brutta stagione è spesso più rigida di quella italiana. I volontari, equamente divisi tra uomini e donne, sono stati sottoposti a radiografia e risonanza magnetica a livello delle ginocchia dopo aver valutato l’eventuale presenza di dolore. Inoltre, a seguito di prelievo ematico, è stata misurata la concentrazione di vitamina D nel sangue: questa sostanza infatti, capace di fissare il calcio nelle ossa e prodotta nell’organismo solo con l’aiuto dell’energia solare, è anche un preciso rivelatore del grado di esposizione al sole. Trascorsi tre anni dal primo screening, ai 350 pazienti che hanno risposto alla chiamata sono state ripetute le analisi ed è emerso che «Le persone con valori più alti di vitamina D e che dichiaravano di esporsi al sole anche durante l’inverno» racconta lo studioso «mostravano una minore perdita di cartilagine e quindi un minor danno all’articolazione esaminata con la risonanza magnetica. Evidentemente avere una quantità sufficiente della vitamina può impedire o ridurre lo sviluppo dell’artrosi del ginocchio». Sebbene l’azione della vitamina D avvenga sull’osso e non sulla cartilagine, è possibile comunque che il rafforzamento dell’osso mediato dal sole abbia prodotto un beneficio su tutta l’articolazione. Nonostante sia sconsigliata l’esposizione al sole di parti del corpo in cui l’artrosi è in fase acuta, lo studio fornisce uno spunto interessante: prendere il sole d’inverno, insomma, può dare una mano a contrastare i sintomi del disturbo. E non occorre esporre necessariamente le parti interessate: la vitamina D infatti si produce in qualunque parte della pelle esposta al sole, e da lì si diffonde in tutto il corpo attraverso il circolo sanguigno.


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