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ECO 3D – L’ecografia tridimensionale in gravidanza: un’emozione unica!

Dopo le grandi scoperte nel campo diagnostico del secolo scorso, anche il nuovo millennio sta offrendo alle future mamme e papà in dolce attesa attraenti modalità per conoscere in anteprima il proprio bambino.

Già l’ecografia tradizionale (figura 1), grazie al costante miglioramento della tecnologia e all’impiego di apparecchiature ad alta definizione, aveva dato modo ai genitori di cogliere immagini significative del profilo, degli arti o di altre parti del corpo del proprio bebè. Negli ultimi decenni abbiamo così potuto fornire in anteprima visioni di “sbadigli”, “singhiozzi” e “saluti” o sequenze di bambini che si succhiano il dito, anche se per le mamme e i papà queste immagini erano spesso frutto di una commistione tra realtà e fantasia.

Ma ciò non è bastato! Ecco allora che, dopo circa 10 anni di “tentativi”, finalmente oggi è disponibile una metodica di ecografia tridimensionale accessibile a tutti, medici e utenti! Confidenzialmente la chiameremo 3D. Questa nasce dall’integrazione tra il principio dell’ecografia bidimensionale basata sull’acquisizione di piani di sezione ottenuti con gli ultrasuoni secondo assi trasversali, longitudinali e obliqui, e la ricostruzione tridimensionale computerizzata (figura 2) dell’organo da studiare, di alcuni distretti anatomici o del feto in toto. Quando si avvia il modulo tridimensionale la sonda, tenuta ferma sull’addome materno, acquisisce automaticamente le immagini.

La tecnica dell’esame

Modalità “Volume mode”

La 3D offre tre tipi di immagini. La prima (detta volume mode) è una specie di calco e fornisce una vera immagine tridimensionale del viso (vedi figura 3), delle mani o dei piedini, si tratta della lettura della superficie del corpo del bambino a contatto con il liquido amniotico. In ultima analisi fornisce una vera foto e, proprio come accade per la fotografia, è necessario che la posizione del soggetto sia favorevole, che non vi siano davanti ostacoli (mani, cordone, placenta) ma una buona falda di liquido amniotico e, soprattutto, che il bambino stia fermo. In una buona parte dei casi si possono ottenere immagini del viso con le sembianze “reali” del proprio bambino. L’esame può dare un’emozione molto forte che non tutti gradiscono poiché, a volte, può generare “distorsioni” rispetto alle aspettative dei futuri genitori che, in qualche modo, avevano già immaginato il proprio bambino. Questa modalità, comunque, può essere di notevole aiuto diagnostico per il medico. Permette di escludere alcune anomalie del viso o di altri distretti corporei e contribuisce a migliorare l’impiego dell’ecografia per lo screening delle malattie cromosomiche e genetiche.

Modalità multiplanare

La seconda modalità (multiplanare), è molto più utile dal punto di vista clinico; partendo dal volume acquisito con la sonda tridimensionale consente di studiare qualsiasi piano di sezione indipendentemente dalla posizione del feto. È così possibile ottenere più facilmente piani longitudinali e trasversali ma, soprattutto, sezioni coronali che l’ecografia tradizionale spesso non è in grado di conseguire. Una volta ottenuto il volume, con comandi molto semplici, si possono visualizzare i vari piani e studiare nel dettaglio i particolari utili ai fini di una diagnosi. In ultima analisi si tratta di una vera e propria TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) ottenuta con gli ultrasuoni e non con i raggi X.

Modalità trasparente

La terza modalità (trasparente), di grande ausilio diagnostico in alcuni casi, offre la visione della struttura e della posizione degli organi interni attraverso la superficie corporea con una modalità simile alle radiografie standard.

 

 

A cosa serve l’Eco 3D e quali sono i limiti

Grazie all’ecografia tridimensionale è oggi possibile diagnosticare alcune malformazioni fetali che potrebbero sfuggire con l’ecografia tradizionale: difetti del viso, delle mani, dei piedi, della colonna vertebrale e del cuore.
È assolutamente necessario concludere questa breve presentazione della 3D con alcune precisazioni utili sia ai medici che ai futuri genitori. L’ecografia tridimensionale non può essere assolutamente eseguita come esame di routine.
È opportuno che lo specialista acquisisca prima con la tecnologia classica tutti gli elementi biometrici e morfologici del feto e fornisca alle coppie la “certezza” che il bambino sia sano. Solo in casi specifici avvierà l’esame tridimensionale come ausilio o completamento di quello bidimensionale, cioè solo quando si rendesse necessario per dirimere dubbi o confermare sospetti diagnostici. Quando, invece, l’esame viene richiesto delle coppie solo per “vedere” il proprio bambino, è assolutamente necessario che l’ecografista precisi e sottolinei prima in modo chiaro i limiti della metodica, cioè che esiste la possibilità di non ottenere immagini accattivanti e che, a volte, gli artefatti tecnici possono dare false visioni di anomalie inesistenti. L’ecogenicità del soggetto, come per tutte le altre ecografie, influenza notevolmente l’esito “spettacolare” dell’esame che si svolge con le stesse modalità di quello standard. L’unico fastidio per la donna è rappresentato da una modesta vibrazione della sonda. In considerazione degli alti costi delle apparecchiature e della lunghezza dell’esame, talvolta sarebbe opportuno eseguirlo in un altro momento, pertanto potrà essere richiesto alla donna di ritornare per una seduta dedicata.

Noi da qualche settimana stiamo utilizzando l’ecografia tridimensionale di ALOKA (alfa7) e tutti (medici, mamme e papà) siamo stati pervasi da un nuovo entusiasmo, simile a quello che provammo quando i primi ecografi fecero il loro ingresso nella pratica clinica e aprirono una finestra su un mondo misterioso e affascinante, fino ad allora sconosciuto. Da quei tempi ci sono stati notevoli progressi tecnologici ma, prima di fare voli pindarici, abbiamo il dovere di porci alcune domande. Il pianto, il sorriso, gli sbadigli e le smorfie che i bambini ci mostreranno dal loro ambiente sommerso saranno davvero utili per migliorare la diagnostica prenatale? Le espressioni così precocemente “rubate” ai nostri bambini serviranno davvero agli psicologi per capire di più della psiche umana? Noi ne siamo convinti ma riteniamo che ci debba essere molta prudenza affinché questo potente mezzo diagnostico non si trasformi in uno nuovo e “divertente” elemento mediatico!


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