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Un nuovo test per il rischio cardiologico

In grado di rilevare livelli di troponina T dieci volte più bassi dei test convenzionali, che sono risultati indicativi del rischio di infarto o di morte per patologie cardiovascolari nei 10-15 anni successivi. 

Un nuovo sensibilissimo test ematico potrà aiutare a stabilire il rischio di infarto e di malattie cardiovascolari in persone oltre i 65 anni apparentemente asintomatiche. E’ questo il risultato di uno studio condotto presso la University of Maryland School of Medicine presentato a un convegno della American Heart Association e pubblicato su JAMA, Journal of the American Medical Association.
Il nuovo test misura la troponina T, un marcatore dei processi biologici di morte cellulare correlati all’infarto. I normali test ematici non sono attualmente in grado di rilevare la troponina T nelle persone apparentemente sane, e il controllo di questo marcatore viene utilizzato nell’ambito delle procedure d’urgenza nei pronto soccorso per stabilire se un acuto dolore toracico sia dovuto a un infarto o ad altre cause. Il nuovo test rileva invece livelli di troponina 10 volte più bassi di quelli dei test correnti. Grazie a ciò i ricercatori hanno potuto trovare il marcatore nei due terzi delle persone asintomatiche sopra i 65 anni, i cui campioni ematici erano stati raccolti e conservati nel quadro di un programma di ricerca sulle patologie cardiovascolari, il Cardiovascular Health Study (CHS), iniziato nel 1989.

“Abbiamo scoperto che quanto più elevati erano i livelli di troponina, tanto maggiore era il rischio di sintomi di infarto o di morte per patologie cardiovascolari nei 10-15 anni successivi”, ha detto Christopher deFilippi, primo firmatario dell’articolo.
“La disponibilità di campioni di sangue è uno dei punti di forza del Cardiovascular Health Study, insieme al grande database nel quale sono classificati con accuratezza i possibili fattori di rischio dei partecipanti e le loro successive vicende sanitarie”, ha osservato Stephen L. Seliger, che ha coordinato lo studio. L’otto per cento dei nuovi casi di insufficienza cardiaca congestizia si verifica in persone oltre i 65 anni. Per le persone di questo gruppo di età che non manifestano sintomi era difficile valutare il rischio cardiologico. I campioni di sangue erano stati collezionati al primo arruolamento nello studio dei soggetti e quindi ogni due-tre anni per una media di 12 anni, un periodo durante il quale sono stati monitorati per controllare l’eventuale insorgenza di patologie cardiovascolari.

L’ipertensione primitiva in età pediatrica

L’ipertensione arteriosa è il principale fattore di rischio cardiovascolare nell’adulto. Fino a non molti anni fa nel bambino l’ipertensione era considerata secondaria ad altre patologie, per lo più di origine renale, vascolare o endocrinologica. Recentemente è stata posta maggiore attenzione alla misurazione della pressione arteriosa in età pediatrica e questo ha permesso di evidenziare una prevalenza non trascurabile di soggetti con valori di pressione elevata di origine primitiva. Anche se è possibile che bambini di peso normale abbiano alti valori pressori, sono principalmente i soggetti in eccesso ponderale a presentare un riscontro di ipertensione primitiva o, meglio, secondaria all’eccesso di peso.

Nel bambino la pressione arteriosa si modifica con l’età e differisce nei due sessi, non esistono quindi valori fissi di cut-off per distinguere normalità e patologia; l’altezza, inoltre è una variabile indipendentemente correlata ai valori pressori. Ne deriva che per valutare correttamente i valori pressori di un bambino dobbiamo conoscere il sesso, l’età e l’altezza del soggetto. Poiché la pressione arteriosa è un parametro che varia con l’esercizio fisico e con lo stato emotivo, è importante rilevarla più volte (almeno tre misurazioni a distanza di tempo) e per ottenere un dato affidabile è consigliabile utilizzare il valore medio. I criteri proposti dal Task Force Report on High Blood Pressure in Children 2004 per l’interpretazione dei valori pressori sono riportati nella tabella (i valori dei percentili sono relativi all’età e all’altezza del bambino): 
 

Tabella. Criteri di interpretazione dei valori pressori nei bambini 


Per la misurazione è fondamentale utilizzare dei bracciali adeguati alla grandezza del braccio del bambino, poiché i bracciali troppo piccoli sovrastimano i valori pressori e quelli troppo grandi li sottostimano. Il monitoraggio della pressione arteriosa delle 24 ore, che nell’adulto è ben standardizzato e ampiamente usato per confermare e guidare la diagnosi di ipertensione, nel bambino non è utilizzabile su larga scala in quanto i valori di riferimento disponibili derivano da un campione numericamente limitato. Il monitoraggio delle 24 ore può essere eseguito, ma solo per integrare e non per sostituire ai fini diagnostici le misurazioni ambulatoriali e deve essere interpretato presso centri con esperienza riconosciuta.
Come nell’adulto, anche nel bambino l’ipertensione si associa a diversi fattori di rischio cardiovascolare. I bambini ipertesi hanno un aumento dei valori di insulinemia, glicemia, HOMA index (HOmeostasis Model Assessment, indice di insulinoresistenza), trigliceridi, colesterolo LDL e una diminuzione di colesterolo HDL rispetto ai soggetti normotesi. Questo fenomeno può essere spiegato con la maggiore prevalenza di sovrappeso e obesità nei soggetti ipertesi rispetto ai coetanei normopeso e potrebbe essere dovuto, almeno in parte, all’aumentata resistenza insulinica propria dell’eccesso ponderale. In pratica, molti bambini con pressione arteriosa elevata potrebbero essere classificati come portatori di sindrome metabolica; è pertanto opportuno che vengano ricercate le alterazioni proprie di questa condizione nei bambini ipertesi, soprattutto se in eccesso di peso.

Come nell’adulto iperteso, anche nel bambino con pressione elevata possono essere presenti iniziali danni d’organo. In età pediatrica l’ipertensione si associa a un ispessimento delle pareti cardiache e a un aumento dell’indice di massa ventricolare, in particolare nei soggetti in cui siano contemporaneamente presenti elevati valori pressori ed eccesso ponderale. Lo spessore intima-media carotideo appare aumentato nei bambini ipertesi. Inoltre, soggetti obesi con elevati valori pressori presentano più frequentemente fenomeni di sleep-apnea rispetto a bambini in marcato sovrappeso, ma normotesi. Recentemente, in una popolazione ipertesa in età pediatrica, è stata dimostrata un’alterazione della funzione barocettiva, indicativa di un’iniziale alterazione neurovegetativa. 

La contemporanea presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare o di iniziale danno d’organo impone una particolare attenzione nel trattamento che, pur mirato a ciascuna specifica alterazione, trova il suo minimo comune denominatore nella diminuzione dell’eccesso ponderale. Solo in casi del tutto eccezionali bisogna fare ricorso a farmaci antipertensivi, nella quasi totalità dei casi il trattamento è basato su cambiamenti dello stile di vita e dell’alimentazione. Tuttavia è importante che questi bambini vengano trattati, anche quando l’aumento della pressione supera solo di poco i valori limite, perché è noto che lo stato ipertensivo tende a mantenersi fino all’età adulta: vi è pertanto un lunghissimo periodo di tempo durante il quale si può instaurare un danno d’organo.  

Il trattamento non farmacologico prevede:

● riduzione di peso quando sia presente sovrappeso o obesità

● aumento dell’attività fisica, sia sotto forma di sport che di gioco di movimento

● riduzione delle attività sedentarie (televisione, videogiochi ecc.) a meno di 2 ore al giorno

● modificazioni dell’alimentazione che consistono in:

    – riduzione calorica se è presente sovrappeso o obesità,

   – dieta bilanciata sia dal punto di vista dei nutrienti che della distribuzione nell’arco della giornata,

    – consumo regolare di frutta e verdura,

    – riduzione dell’assunzione di alimenti ad alto indice glicemico,

   – riduzione del contenuto di sodio (1,2 g/die per bambini da 4 a 8 anni; 1,5 g/die se > 8 anni). 
 

In conclusione: l’ipertensione primitiva in età pediatrica è un reale problema della nostra società e i bambini che vengono riconosciuti ipertesi vanno controllati e seguiti nel tempo, per mettere in atto cambiamenti dello stile di vita e dell’alimentazione, indispensabili per assicurare loro un buono stato di salute in età adulta.  

Fonte Medsolve – Autore Dott.ssa Simona Genovesi 

Bibliografia

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Sorof JM, Lai D, Turner J, et al. Overweight, ethnicity, and the prevalence of hypertension in school-aged children. Pediatrics 2004; 113: 475-82

Sorof J, Daniles S. Obesity hypertension in children. A problem of epidemic proportion. Hypertension 2002; 40: 441-47

Chen X, Wang Y. Tracking of blood pressure from childood to adulthood: a systemtic review and meta-regression analysis. Circulation 2008; 117(25): 3171-80

Daniels SR, Loggie JMH, Khoury P, Kimball TR. Left ventricular geometry and severe left ventricular hypertrophy in children and adolescents with essential hypertension. Circulation 1998; 97: 1907-11

Sorof JM, Alexandrov AV, Cardwell G, Portman RJ. Carotid artery intimal-medial thickness and left ventricular hypertrophy in children with elevated blood pressure. Pediatrics 2003; 11: 61-66

Genovesi S, Pieruzzi F, Giussani M, et al. Analysis of heart period and arterial pressure variability in childhood hypertension. Hypertension 2008; 51: 1289-94

Srinivasan SR, Myers L, Berenson GS. Changes in metabolic syndrome variables since childhood in prehypertensive and hypertensive subjects: the Bogalusa Heart Study. Hypertension 2006; 48(1): 33-9

Feng JHe, Graham A, Mac Gregor. Importance of salt in determining blood pressure in children: meta-analysis of controlled trials. Hypertension 2006; 48: 861-9  

Aneurisma aortico: diagnosi e follow up. Screening diagnostico nei pazienti anziani asintomatici

Sospettare la rottura in caso di addome acuto o lombalgia acuta | Lo screening per l’aneurisma dell’aorta addominale è stato proposto per gli anziani di sesso maschile, in considerazione dell’alta prevalenza di aneurisma riscontrata nella fascia dei 65-75 anni d’età e non solo in soggetti con alto rischio cardiovascolare (Vascular 2008, 16/4: 201-6). L’importanza di una diagnosi precoce dei casi asintomatici è data dall’alta mortalità dei casi di rottura dell’aneurisma aortico e dalle possibilità di monitoraggio con mezzi non invasivi e di intervento medico e chirurgico che conseguono al riconoscimento dei casi misconosciuti (tabella 1 e tabella 2).

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